sabato 9 agosto 2014

E ora?


Venerdì 8 agosto è stato approvato in prima lettura al Senato il DDL costituzionale "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della seconda parte della Costituzione" con una maggioranza ampia sebbene non dei 2/3 (soglia che impone il referendum popolare se non viene raggiunta nella seconda votazione).
L'approvazione del disegno di legge di riforma costituzionale in prima lettura al Senato è solo la prima tappa di un percorso ancora lungo, ma si può dire che l'Italia ha fatto un primo importante passo verso l'Europa.
Le polemiche - spesso pretestuose - che hanno accompagnato l'iniziativa del governo non hanno permesso di valutare con serenità la portata delle innovazioni introdotte.
Viene superato il bicameralismo perfetto con una camera che si occuperà prevalentemente della legislazione ordinaria e del rapporto fiduciario con il governo, viene razionalizzato e velocizzato il processo legislativo con una serie di norme che limitano drasticamente i decreti legge (una delle storture più evidenti della nostra legislazioni con problemi applicativi di non poco conto) prevedendo invece una corsia preferenziale per l'approvazione dei provvedimenti governativi di attuazione del programma.
Viene modificato il referendum abrogativo (innalzando a 800.000 le firme richieste per proporlo) abbassato drasticamente però il quorum per la sua validità: non più il 50% degli aventi diritto, ma il 50% dei votanti alle elezioni politiche precedenti. In base ai dati delle ultime politiche vuol dire meno del 38%. Con questo quorum uno strumento di democrazia diretta che era diventato inservibile torna ad essere un'arma utile nelle mani dei cittadini. In più resta in piedi anche il vecchio referendum abrogativo, con le sue 500.000 firme e il suo quorum al 50%. A ciò si aggiunga che all'articolo 71 della Costituzione viene aggiunto un nuovo comma (art. 11, comma 1, lettera c del DDL) che prevede che "al fine di favorire la partecipazione dei cittadini alle determinazioni politiche pubbliche, la legge costituzionale stabilisce condizioni ed effetti di referendum propositivi e d'indirizzo, nonché di altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Con legge approvata da entrambe le Camere sono disposte le modalità di attuazione."

E noi in Valle d'Aosta conosciamo bene gli effetti che possono avere i referendum propositivi!!

In particolare il dibattito si è concentrato sull'elezione diretta ovvero indiretta dei futuri Senatori. Io personalmente condivido la scelta optata dal legislatore e faccio mie le parole del Presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida:
"Per il Senato delle Regioni (o delle autonomie) la scelta non è tanto tra elezione diretta ed elezione indiretta o di secondo grado, ma fra rappresentanza diretta del corpo elettorale (sia pure suddiviso fra le Regioni) e rappresentanza delle Regioni come istituzioni territoriali, attraverso i titolari di organi delle stesse o attraverso “delegati” delle stesse (non a caso l’art. 83 Cost. prevede “delegati” delle Regioni che integrano il Parlamento in seduta comune per l’elezione del Presidente della Repubblica, peraltro senza che ciò di fatto abbia dato luogo ad una significativa rappresentanza regionale in tale sede). Si tratta di avere in Parlamento non solo la rappresentanza politica nazionale (Camera) ma anche la rappresentanza delle Regioni come enti a loro volta elettivi e quindi espressione di politiche regionali a loro volta democraticamente formate.
L’elezione diretta dei senatori (anche se collegata temporalmente con l’elezione degli organi regionali) comporta inevitabilmente la prevalenza della logica dei partiti e degli schieramenti politici nazionali, e mal giustifica la differenziazione di funzioni fra le due Camere, portatrici in definitiva della stessa legittimazione popolare. La rappresentanza istituzionale delle Regioni comporta invece la diretta presenza in Parlamento degli interessi e degli indirizzi politici regionali. Naturalmente anche questi indirizzi politici sono in definitiva mediati, localmente, dai partiti, ma una cosa è che il senatore si senta essenzialmente portatore dell’indirizzo politico nazionale del partito nelle cui liste è eletto, altra cosa che si senta portatore degli interessi della comunità regionale che costituisce la base elettorale della Regione di cui è esponente, come interpretati e mediati dalla istituzione regionale: interessi non necessariamente contrastanti con gli interessi nazionali interpretati in sede parlamentare dalla Camera, ma non necessariamente coincidenti con gli stessi, e quindi suscettibili di entrare in dialettica con essi ai fini di una equilibrata composizione (naturalmente in posizione “recessiva”, per la prevalenza della Camera espressiva degli interessi nazionali)."

Infine i rapporti tra Stato e Regioni che non sono confinati solo alla riforma del titolo V ma discendono anche nel nuovo Senato dove siederanno i rappresentanti delle autonomie locali e delle Regioni e non è affatto vero che avrà poteri "minori" rispetto alla Camera. Vero che il rapporto fiduciario con il governo viene attribuito solo alla Camera dei Deputati ma al Senato viene attribuita una funzione importantissima: "esercita la funzione di raccordo tra l'Unione Europea, lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea e ne valuta l'impatto."
La camera alta, come in moltissime democrazie europee, diventa il motore per la europeizzazione del nostro Paese, partecipando attivamente a quella fase ascendente della legislazione europea che diventerà sempre più strategica per la vita normale delle persone visto che già oggi oltre il 70% della legislazione italiana (e quindi anche valdostana) è fatta direttamente o indirettamente da norme di derivazione europea.

La riforma del titolo V che pure presenta profili di inevitabile accentramento su materie peraltro a valenza chiaramente sovraregionale, va letta non da sola ma alla luce della trasformazione del Senato in luogo di rappresentanza delle autonomie, in luogo di prevenzione del contenzioso costituzionale (questo si, vero freno all'economia) e della clausola inserita nel DDL che esclude l'applicabilità del titolo V (e della tanto temuta clausola di supremazia) alle regioni a statuto speciale fino all'adeguamento dei rispettivi statuti sulla base di specifiche intese.
Non sarà la costituzionalizzazione del "principio dell'intesa" come qualcuno avrebbe voluto ma la norma (che peraltro non pone un limite temporale all'adeguamento, basti ricordare che già la riforma costituzionale del 2001 prevedeva il principio dell'adeguamento rimasto però sino ad oggi lettera morta) ha una valenza strategica che ci consente finalmente di aprire un dibattito serio e maturo sul nostro statuto speciale di autonomia.

Credo che la Valle d'Aosta dovrebbe cogliere al volo quest'occasione (anche perché in settant'anni lo statuto non si è mai seriamente riformato) per aprire un dibattito sulla nostra autonomia alla luce delle modifiche costituzionali in essere e alla partecipazione sempre più stretta all'Unione Europea. Un dibattito che coinvolga tutte le forze politiche e che, partendo dalle migliori elaborazioni di riforma statutaria, apra un serio dibattito che veda protagonista la Valle d'Aosta del domani.
Un progetto di riforma del nostro Statuto speciale rispettoso delle nostre competenze acquisiste e che possa valorizzare al meglio la nostra tradizione autonomista, per esempio riprendendo il dibattito sulla zona franca che va contestualizzato e letto alla luce delle norme europee.

La domanda quindi non è quanto è brutto e centralizzatore questo Stato, ma più semplicemente siamo in grado noi di elaborare una proposta politica innovativa sull'autonomia valdostana e contrattarla con lo Stato per un nuovo Statuto speciale? Riuscirà questo Consiglio regionale particolarmente litigioso e diviso a sedersi introno ad un tavolo per elaborare una riforma di tale portata se l'unica riforma approvata in un anno e mezzo attiene agli enti enti locali valdostani e certo, pur rappresentando un passo avanti, non è una rivoluzione rispetto all'assetto esistente?

Il Partito Democratico della Valle d'Aosta è pronto a giocare la sua parte e a portare il suo contributo di idee a cominciare da settembre quando l'On. Gianclaudio Bressa, sottosegretario di Stato agli Affari Regionali, sarà in Valle per parlare della riforma del titolo V e delle autonomie speciali.