mercoledì 1 maggio 2013

Per un reddito minimo garantito


Malgrado le ripetute sollecitazioni provenienti dalle istituzioni comunitarie, l’Italia rimane uno dei pochissimi Paesi europei a non disporre di uno schema di reddito minimo.
La riforma del titolo V della Costituzione del 2001 ha delegato alle regioni la competenza esclusiva sulle materie assistenziali, riservando a Parlamento e Governo il compito di definire i livelli essenziali delle prestazioni. Il reddito minimo garantito dovrebbe essere incluso nei predetti livelli essenziali per garantire a tutti i cittadini italiani uguaglianza di trattamento in caso di povertà.
A causa dell’incapacità delle istituzioni nazionali di provvedere alla definizione dei livelli essenziali, diverse regioni hanno introdotto autonomamente schemi di reddito minimo garantito.

Nel nostro caso, la Regione dovrebbe essere parte attiva nella costruzione di un progetto di società inclusiva di tutti i soggetti che le dinamiche di mercato tendono ad escludere o ad includere parzialmente (sottoccupati, precari, ecc…). Questo obiettivo di carattere generale si declina nei seguenti obiettivi: a) di reinserimento nei circuiti lavorativi delle persone escluse o con forte precarietà/instabilità occupazionale e b) di contrasto della povertà degli individui e delle loro famiglie.
Quale può essere lo strumento per raggiungere questi obiettivi?
Un reddito mensile almeno in linea con la soglia di povertà relativa garantito per un periodo massimo di tempo da stabilire ad un certo numero di persone (destinatari potenziali): che possiedono per tutto il periodo di erogazione una serie di requisiti soggettivi (disoccupazione, precariato, inoccupazione; età compresa tra un minimo ed un massimo; reddito e patrimonio ovvero ISEE non superiore ad una certa soglia, inclusi eventuali ammortizzatori sociali) e che dimostrano una disponibilità al reinserimento occupazionale (l’iscrizione alle liste di disoccupazione e la presa in carico da parte dai centri per l’impiego; l’accettazione di almeno un’offerta di lavoro ogni 3 presentate se congrue) ovvero al reinserimento sociale (la partecipazione a iniziative di recupero dell’autonomia; l’inserimento in programmi di tutela della salute o riabilitativi).

In un periodo di forte aumento della disoccupazione o dell'occupazione precaria, una forma di sostegno al reddito, condizionata come sopra, consente anche di far ripartire i consumi interni e, quindi, l'economia della nostra regione.

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