Si sono svolte le c.d. elezioni di "midterm" in America. In palio c'erano il rinnovo dell'intera Camera dei rappresentanti e di un terzo del Senato, oltre alla poltrona da governatore in 34 Stati. Visti i risultati lo spauracchio dei democratici è un presidente "anatra zoppa" che negli ultimi due anni del suo mandato non riuscirà a portare avanti la propria agenda come vorrebbe.
Molti commentatori si sono immediatamente lanciati in un bilancio assai negativo della Presidenza Obama che tra due anni, allo scadere del suo secondo mandato, non potrà più esercitare la presidenza della più grande potenza mondiale.
Io invece credo che la Storia si incaricherà di dare di lui un giudizio meno negativo di quanto invece facciano oggi i suoi contemporanei.
E' uscito in questi giorni un bellissimo articolo sulla rivista Internazionale tradotto dalla rivista americana Rolling Stone, di Paul Krugman, premio Nobel per l'economia nel 2008, che invece sottolinea come la presidenza Obama, nonostante una delle crisi più dure e profonde dall'inizio del secolo scorso, abbia prodotto delle riforme che renderanno migliore gli Stati Uniti nel prossimo futuro e sono destinate ad incidere positivamente sulla vita di milioni di cittadini americani.
In particolare Krugman cita la riforma sanitaria (nota anche come Obamacare) quale punto principale e qualificante dell'attuale Presidente americano. Nel 2010, dopo la rimonta del repubblicani, la riforma ha subito duri attacchi, è riuscita a passare quasi indenne dall'esame della Corte Suprema e ha visto parecchi Stati governati dai repubblicani fare un vero e proprio ostruzionismo all'applicazione di questa importantissima riforma. Oggi, nel 2014, diverse indagini indipendenti stimano con assoluta certezza una netta diminuzione del numero di americani senza assicurazione sanitaria. E' vero che permangono molte persone senza la copertura sanitaria ma con l'introduzione dell'Obamacare porta un grande miglioramento nella qualità della vita per decine di milioni di cittadini americani che avranno cure migliori spendendo meno. E proprio sull'aspetto dei costi si stanno registrando le sorprese più interessanti: nel 2014, grazie agli accordi stipulati con le compagnie assicurative, i premi delle polizze sono stati nettamente inferiori a quelli inizialmente previsti dall'ufficio del bilancio del Congresso. In altre parole, quella della riforma sanitaria sembra la storia di una grande successo politico. Un successo che non si limita a smentire le previsioni catastrofiche della destra ma che, considerata la riduzione della spesa sanitaria, demolisce l'intera ortodossia conservatrice secondo cui l'unico modo per limitare i costi della sanità è quello di smantellare ogni garanzia. Quello a cui stiamo assistendo è un significativo controllo della spesa attraverso una serie di piccoli cambiamenti nel modo di pagare l'assistenza sanitaria, che non solo lasciano intatte le garanzie di base ma le estendono a molti più cittadini di tutte le età. La riforma sanitaria ha quindi prodotto un grande miglioramento nella società statunitense che quasi sicuramente durerà nel tempo.
Si poteva fare di più? si può sempre fare di più ma con l'evidente rischio che una volta al governo i repubblicani (e in un sistema bipolare prima o poi succede) avrebbero smantellato quella riforma (un po' com'è successo in Spagna quando è salita al governo la destra che ha smantellato la riforma di Zapatero sui matrimoni tra persone dello stesso sesso).
Sta tutta qui l'essenza di un vero riformismo che sia slegato da componenti ideologiche: quando Obama finirà il suo mandato ci saranno milioni di statunitensi che avranno tratto vantaggio personalmente dalla riforma sanitaria e quindi sarà impossibile tornare indietro.
In Italia, ultimamente, si discute appassionatamente di come Matteo Renzi abbia o voglia trasformare il Partito Democratico in una sorta di Balena Bianca di democristiana memoria, ovvero tenda ad occupare il centro della scena politica, quando non la destra, per realizzare un partito egemone, che tagli le ali estreme e possa governare al centro (come appunto fece la DC). Spesso viene identificato questo tentativo con la mutazione genetica del PD in un PdR (il Partito di Renzi) o, più spesso ancora, si sente parlare di Partito della Nazione ad indicare proprio questo tentativo di Renzi di staccarsi dall'immagine classica della sinistra o delle socialdemocrazie (e la riforma del lavoro con il superamento dell'art. 18, oppure lo scontro, anche violento, con il sindacato vanno in quella direzione) per costruire qualcosa di diverso che vada "oltre" il Partito Democratico o l'Ulivo come li abbiamo conosciuto fino ad oggi.
Io credo che questa sia una lettura sbagliata e parziale di ciò che sta avvenendo in Italia.
L'ascesa di Renzi nella politica italiana, avvenuta in maniera rapidissima e fulminante (io ricordo molto bene le primarie del 2012 e come il fenomeno Renzi fu sottovalutato e non compreso dal 99% del mondo politico dell'epoca) si muove in uno scenario che è diventato (dopo la caduta del muro di Berlino) molto fluido, in cui le fratture della società non corrono più lungo i classici assi che abbiamo conosciuto nel secolo scorso (contrapposizione tra capitale e lavoro e quindi la frattura tra destra sinistra, oppure la contrapposizione tra centro e periferie su cui si è costruita la frattura tra centralismo e autonomia/regionalismo), ma la società italiana si presenta con molteplici sfaccettature che sfuggono alle classificazioni sopra riportate.
Renzi ha capito molto bene che la crisi economica che stiamo ancora attraversando non può essere affrontata con gli schematismi a cui siamo stati abituati nei vent'anni di Berlusconi (schematismi replicati anche dalla sinistra). Come per la riforma sanitaria americana, quando verrà approvato il Jobs Act, ci saranno milioni di italiani che otterranno una serie di tutele che prima non avrebbero mai avuto, ci saranno molti cittadini che trarranno vantaggio da questo nuovo sistema di regolamentazione del lavoro che sarà poi impossibile tornare indietro.
Sarà la migliore riforma possibile in assoluto? Cero che no. Come per Obama bisogna fare i conti con la realtà, con le resistenze e con le mediazioni che la politica ci obbliga a fare, ma sarà sicuramente un passo avanti notevole.
L'obiettivo di Renzi quindi non è costruire un Partito della Nazione o una nuova DC, ma semplicemente costruire un contenitore che si posa adattare alle sue esigenze per creare un modello di società diverso dall'attuale. In tutti i sistemi bipolari (non necessariamente bipartitici) la vittoria di un partito o di una coalizione che ha l'ambizione di governare per un periodo medio-lungo (8/10 anni) durante il quale la necessità del leader è quella di plasmare la società secondo la propria visione per ottenere il consenso necessario ad affrontare le riforme che sono necessarie in quel contesto storico. E' ciò che fecero da una parte Regan e la Thatcher negli anni '80 e dall'altra Blair e Clinton negli anni '90. Nessuno, in quegli anni, si è mai sognato di pensare che il partito vincitore (che fossero i conservatori da un lato, o i progressisti dall'altro) avesse intenzione di creare un Partito della Nazione o che volesse creare una sorta di partito pigliatutto posto al centro della scena politica. Semplicemente sono arrivati al potere persone carismatiche che hanno piegato i partiti di riferimento alla loro visione e hanno cercato di incidere sulla società in cui vivevano, facendolo con il necessario cinismo o sano realismo che la situazione imponeva.
Ed è esattamente ciò che sta cercando di fare Renzi oggi in Italia: costruire un moderno partito riformista, slegato da ideologie del novecento, intenzionato a smuovere la società italiana e consapevole che tale obiettivo lo si raggiunge solo con una sana dose di realismo politico.
Ma cosa c'entra la Valle d'Aosta con Obama e con il Partito della Nazione. In verità ben poco, ma credo che l'argomentazione di cui sopra si cali perfettamente anche nella nostra piccola realtà.
Pochi giorni fa è apparso un articolo sul sito dell'Union Valdotaine in cui si prendeva atto che la drastica riduzione del bilancio regionale dal 2010 al 2014 comporta una definitiva modificazione del sistema economico e sociale della nostra regione.
Chi non è d'accordo su questa analisi? Più difficile concordare sulle cause di questa situazione, ma ovviamente non si può che concordare sulle conseguenze: occorre cambiare!
Mi permetto sommessamente di far notare come, su questo stesso blog, io sollevai questo problema due anni prima....
Serve anche qui ripensare al nostro sistema economico perché il mondo negli ultimi trent'anni è drasticamente cambiato, serve una nuova classe dirigente che possa ridisegnare la società valdostana per i prossimi trent'anni e per fare ciò io credo che ci voglia un nuovo patto tra gli autonomisti e i progressisti che ci permetta di superare questo momento storico.
Sin dal dopoguerra è sempre stato l'incontro tra la cultura autonomista e la cultura democratico/progressista il motore grazie al quale la Valle d'Aosta è progredita ed ha raggiunto i livelli di benessere odierni. Oggi serve un nuovo accordo tra un autonomismo diverso, meno ideologico e più contemporaneo e una cultura democratica/progressista anch'essa più aperta per costruire insieme un modello di sviluppo economico basato sull'economia di mercato, che favorisca la nascita di una imprenditoria locale adeguata, che sappia uscire dalla logica del controllo e della cooptazione fideistica da parte della politica sull'economia per sostituirla con il merito e la competenza.
Nessun commento:
Posta un commento